Cedolare secca e clausola di aggiornamento ISTAT: non si paga l’imposta di registro
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12395/2024) ha chiarito un importante aspetto per chi sceglie il regime della cedolare secca sugli affitti. Secondo i giudici, la semplice presenza nel contratto di una clausola che prevede l’aggiornamento del canone sulla base dell’indice ISTAT non comporta il pagamento dell’imposta di registro.
Il caso riguardava un contratto d’affitto per il quale il locatore aveva optato per la cedolare secca, ma che conteneva comunque la clausola di aggiornamento del canone. L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che tale clausola rendesse applicabile l’imposta di registro, nonostante la scelta per il regime agevolato. La Corte ha invece stabilito che, in assenza di una concreta richiesta di adeguamento del canone, la clausola non produce effetti e non viola le condizioni previste dalla normativa sulla cedolare.
Cosa significa per i contribuenti?
Chi affitta un immobile a uso abitativo con la cedolare secca può includere nel contratto la clausola di aggiornamento ISTAT senza incorrere automaticamente in sanzioni o in imposte aggiuntive, a patto che non venga effettivamente applicata.
Il CAF LABOR ricorda che:
- Optare per la cedolare secca comporta la rinuncia volontaria agli aggiornamenti del canone, anche se previsti nel contratto;
- L’inserimento della clausola, senza che venga attuata, non invalida la scelta;
- È comunque consigliabile mantenere una corretta documentazione per evitare contestazioni.
Per chiarimenti o assistenza nella compilazione dei modelli dichiarativi e nella gestione dei contratti di locazione, i nostri operatori sono a disposizione presso tutte le sedi del CAF LABOR.